lunedì 17 novembre 2014

Social-solitudine

I social network ci hanno rammolliti. Tutti.

Siamo amici senza neanche cosa significhi l'agitazione che si prova nel dire un "ciao". Preferiamo il piacere voyeuristico dello "spiare" il mondo dietro la finestra virtuale di uno schermo. Abbiamo dimenticato il reale significato di "contatto".

Ho notato che la quasi totalità delle persone con cui ho avuto a che fare (principalmente apparteneti alla mia generazione, quella "social", dunque) non riesce a mantenere un contatto visivo che duri poco più di qualche frazione di secondo. Durante una conversazione si è portati a guardare altrove, proprio e soprattutto nel momento in cui è il nostro turno di argomentazione. Questo avviene non necessariamente con quelle persone che ci mettono in soggezione. Avviene e basta.

La base della conversazione, il contatto visivo, è stata quasi totalmente perduta.

Ci stiamo dimenticando come si fa. Come ci si approccia all'altro senza una possibile mediazione.

Perché preferiamo un messaggio al suono di una voce? Perché non un sorriso vero al posto di quei surrogati che quotidianamente ogni dispositivo possibile ci offre? Perché non la rabbia, le lacrime, un abbraccio, due occhi azzurri?

Io credo che la risposta risieda nella volontà, irrefrenabile e mai ammessa, di colmare quei vuoti lasciati dalle nostre insicurezze. Un no virtuale fa meno male di un no vero. Una battuta particolare fa meno arrossire se scritta, piuttosto che detta. Un "ti voglio bene" è più facile da scrivere che da dire.

Ma io dico che quelle stesse insicurezze che ci mantengono schiavi del virtuale sono anche quelle che ci rendono meravigliosamente umani. Il contatto non è un nome che rimanda a un profilo facebook, ma è quell'energia magica e fortissima che ci tiene connessi l'uno all'altro, legati indissolubilmente dalla forza di uno sguardo, dal calore di una mano posata sulla guancia. Anche io provo quella stessa paura di apparire strana, non carina, insicura, timida. Anche io faccio in modo di essere sui social quella che vorrei essere, creandomi un alter ego più simile a quello dei miei sogni, ma altrettanto uguale a milioni di altri. Altrettanto finto. L'unica cosa che ci tiene davvero connessi virtualmente è la stessa volontà di uscire dall'anonimato, uscire dallo schermo, quel desiderio fortissimo di voler instaurare quei tanto amati "contatti" anche nella vita reale.

Perché avere paura? Perché non provarci?

Rendiamo giustizia all'appellativo che ci hanno gentilmente affidato. 

Niente è meno "social" del rimanere chiusi in casa di fronte uno schermo, chiusi in metro davanti ad un cellulare, chiusi all'università davanti ad un tablet.

Sempre, irrimediabilmente, soli.

domenica 26 ottobre 2014

Di sera, nel vento

L'altra sera, dopo un anno esatto, ho sentito il profumo dell'inverno. Mi ha investita, nel buio che avanzava con più celerità rispetto all'estate appena trascorsa.
Avete presente quell'aria fresca, forse un po' troppo per ostinarsi ad indossare ancora magliette a mezze maniche? E avete presente quell'odore di cui essa s'impregna in maniera quasi improvvisa? Una nota che ricorda la dolcezza delle caldarroste, un'altra che si avvicina al profumo di asfalto ed erba bagnati dalla pioggia, un'altra ancora che non riesco a definire con chiarezza, ma che semplicemente mi entra nei polmoni e mi prende la testa. L'unica parola cui riesco ad associarla è "freschezza". La stessa della neve appena caduta, la stessa che avvolge quella debole foschia di cui si veste il mattino nelle sue ore più alte.

D'un tratto mi è sembrato di vedere le lucine di Natale invadere le strade, di sentire la musica dell'inverno. Ad ogni sbattere di ciglia un'immagine nuova, ad ogni respiro una boccata d'aria bianca.

Per qualche istante, l'altra sera, sono tornata indietro. Mi è sembrato tutto immobile, fermo nel flusso di un tempo che scorreva, sì, ma senza di me.
E mi sono sentita al sicuro.

mercoledì 3 settembre 2014

0,01%

Francamente, inizio a credere che le probabilità che la persona che, in teoria, dovrebbe completare la nostra breve esistenza, su 7 miliardi di individui presenti in questa Terra, si trovi esattamente nel nostro Paese, nella nostra regione, nella nostra città, forse addirittura nello stesso quartiere o università, siano veramente, veramente scarse. E dirò di più: questa persona, per una serie di circostanze che sfiorano il limite dell'incredibile, dovrebbe un bel giorno trovarsi nello stesso Paese, nella stessa regione, nella stessa città, nella stessa stanza o situazione dove ci troviamo in quello stesso momento, proprio quello, anche noi? 
Ma seriamente, vi sembra possibile?
Mi pare poco credibile.
Può capitare, non dico di no. Ma la trovo una eventualità estremamente rara.
Questi anni di totale assenza di prove che mi dimostrino che sia anche solo possibile il contrario, me lo confermano.

Per carità, non mi importa, o forse convinco me stessa che sia così.

La frustrazione, tuttavia, nasce nel momento in cui non si saprà mai se in quella percentuale di fortunati, prima o poi, verremo annessi anche noi.
Mi basterebbe un po' di conforto. Un "dai, non ti preoccupare". Oppure un "no" secco. L'importante è sapere e, nel caso, mettersi l'anima in pace.

Ma tutto questo non ci è concesso.

Il futuro. Quel burlone.


sabato 30 agosto 2014

Incantesimi

Ci sono persone che vengono cercate sempre, nonostante tutto. Persone che non rispondono ai più comuni canoni di bellezza, eppure appaiono, invece, bellissime. Colpiscono nel segno, insomma. Riescono a strappare alla vita quella giusta dose di fascino che Madre Natura ha cercato di negargli, e con un colpo di mano ne fanno il loro più grande punto di forza.
Vengono amate, e la gente lotta per avere l'esclusiva nel loro cuore. Vivono storie meravigliose, rubano dai film le scene più belle. Si rendono indimenticabili.

Anche qui, la foto è stata opportunamente tagliata.

lunedì 25 agosto 2014

Di nuovo (ma non troppo)

Mi guardo intorno. Non vedo altro che oggetti.
Li vedo come erano un anno fa. Due anni fa. Quattro anni fa.
Disordinatamente gettati al loro destino, aspettando di essere raccolti, di dire al mondo che esistono.
Di essere ricordati.
Ad ogni trasloco è sempre più difficile. Ogni volta un pezzetto di me deve essere lasciato indietro. Un pezzetto sarà dimenticato.
Mi sento impotente di fronte a tutti questo oggetti. Ognuno di essi racchiude in ricordo. Una speranza, molte volte ancora viva, tante altre già, inevitabilmente, spenta.
Mi sento piena e vuota al tempo stesso.

Ogni volta è un ricominciare. Mai che la storia continui, e protenda verso il lieto fine. Ogni volta potrebbe esserci qualcosa di diverso, di migliore, ma anche qualcosa che non funziona.
E si torna indietro. E si scrive da capo.

Ora capisco perché non ho mai finito un libro. La mia vita è fatta così.

Allora, come potrei?

lunedì 11 agosto 2014

Pioggia di speranze

Cerchiamo nel cielo una speranza. Una soluzione. Forse, un po' di compagnia. 
Il suo linguaggio è uno dei pochi a non aver bisogno di parole. Speriamo ci salvi da una vita spesso vuota, cerchiamo conforto nell'emblema dell'ignoto, del futuro.
Vogliamo certezze.
Quante volte abbiamo incrociato lo sguardo delle stelle? Quante volte abbiamo racchiuso in una di esse un desiderio, nella speranza di vederlo sbocciare, fiorire nella sua caduta?

Vorrei solo che la notte non finisse mai. Vorrei guardare in alto per sempre, specchiarmi in miliardi di piccole, scintillanti solitudini. Vorrei prenderne una, scartarla come un regalo, afferrare il mio desiderio.
Non cadrai con lei.

Sorrido.
In cuor mio, so già che non c'è più.

domenica 20 luglio 2014

La bolla

Ormai sono quasi convinta del fatto che la vita sia intenzionata ad escluderci da ben determinate situazioni. È come se noi, nell'ambito di un quadro già perfettamente costruito, non fossimo proprio previsti. Come se ci trovassimo fuori campo, appena al di là del fuoco di un obiettivo.
Penso che alcune cose non le vivrò mai, perché semplicemente non sono destinata a viverle: in quella foto, in quel quadro, io non ci sono. Non c'entro. 

Naturalmente non parlo dello "straordinario", dell'incredibilmente bello o incredibilmente brutto. Non ci vuole un genio per immaginare che le probabilità di organizzare un viaggio sulla luna insieme ai nostri cari siano veramente scarse... Ammetto tuttavia che se per l'incredibilmente bello vi è una quasi assoluta certezza della sua peculiare irrealizzabilità, per "l'incredibilmente brutto" la certezza si tramuta in speranza, perché nessuno, e dico nessuno, è esente dalle disgrazie di questa vita. Si può solo avere fede... E sperare.

Io però mi sento esclusa da altro. Da eventi che genericamente appaiono "ordinari" ma che per me, evidentemente, non lo sono. Ma perché la vita ci fa stare tanto male per la mancanza di ciò che, invece, ne dovrebbe naturalmente fare parte? Qual è il senso di un'esclusione tanto brutale, di quel muro che mi separa da un mondo che ancora non conosco, da persone che forse mai conoscerò?

Mi sento dentro una bolla con una parete a specchio. Vedo la vita, le persone, i loro amori, le loro "normalità" che scorrono davanti ai miei occhi. A volte sento un profumo, a volte mi sembra quasi che qualcuno si sia accorto della mia presenza al di là di quella fortezza che li riflette e mi imprigiona.

Ma poi quel qualcuno si gira.
Quel profumo svanisce.
Ennesima illusione. L'ennesimo assaggio di ciò che non sarà mai mio.

L'ennesima, sbiadita fotografia, di cui faccio parte solo per metà.

giovedì 17 luglio 2014

In un soffio

Sembra ieri. 
La paura di una nuova vita, il timore di fallire. Il distacco, la mancanza, l'euforia, la voglia del nuovo, del diverso... L'improvvisa solitudine.
Sembra ieri, ma è passato un anno.
Sembra ieri, forse lo è davvero.
Ma ieri è passato.
Il problema di un nuovo inizio è che quest'ultimo sarà sempre, inevitabilmente accompagnato da una fine. Non importa quanto ci vorrà. Un giorno, due mesi, cinque anni. Non ha importanza. Perché, prima o poi quel periodo è destinato a finire, nel bene e nel male.
Prendiamo coscienza del valore del tempo che scorre solo quando esso sta per esaurirsi. E si vorrà tornare indietro, e si malediranno i momenti in cui veniva invocata la venuta della notte, ritenendo il giorno sin troppo lungo, interminabile.
La cosa più frustrante è che, per quanto cerchiamo di afferrare gli ultimi attimi di ciò che è stato, essi non torneranno. 
Scivolano. 
La voglia di vedere ciò che sarà si sostituisce alla voglia di prendere il tempo, stringerlo tra le mani, non lasciarlo più.
È passato un anno.
Eppure, sembra solo ieri.

mercoledì 9 luglio 2014

"Le faremo sapere".

Ok, mi sembra quasi irreale. 

Molte cose sembrano finalmente funzionare.

Come avevo già accennato, il mio umore in questi giorni è salito un gradino più su. La ragione non l'ho ancora ben intuita del tutto (sarà il 30 e lode dell'ultimo esame o il destino che finalmente si è accorto anche di me?), però ciò non toglie che mi senta comunque pervasa da una sorta di instabilità diffusa. Da cosa è data? Dal fatto che non so se tutto questo è destinato a durare. Cos'è, un trabocchetto forse?!

Mi odio quando non ho fiducia negli avvenimenti. Devo anche ammettere, tuttavia, che una certa esperienza mi ha fatto capire che le "cose belle" non sono destinate a durare. Che quando inizi a prenderci gusto e ad aspettartele... Puf, scompaiono magicamente, quasi facendoti dubitare del fatto che esse siano realmente mai esistite.

Ho paura che questo sia solo un periodo di prova. Che mi stia facendo congetture ed aspettative inesistenti, il cui subdolo scopo finale è solo quello di farmi perdere tempo.

Tempo che devo dedicare al prossimo esame.
Che ho tra qualche giorno.
Di cui ho studiato mezza pagina su 900 totali.

Quanto vorrei un pensatoio.


venerdì 4 luglio 2014

Mode on

Sto attraversando una fase in cui ci vuole davvero, davvero poco perché il mio umore cambi all'improvviso, in meglio o in peggio. Ciò significa che la mia giornata può essere disgraziatamente buttata a terra anche da una cretinata ma, del resto, risollevata miracolosamente da un'altrettanto piccola sciocchezza.

Mi sento estremamente vulnerabile... O, meglio, emotivamente flessibile.

Non so se vederla come una piccola fortuna o meno.

Intanto, cerco di tenermi stretto quel po' di bello che impone ai miei giorni di virare nella direzione giusta, quella col vento a favore.

Spero non sia solo una demo.


sabato 21 giugno 2014

Sofferenza in saldo

In questi giorni, devo ammetterlo, i telegiornali mi disgustano.

Mi disgustano tutte quelle trasmissioni che parlano del caso di Yara così, per fare audience. Non per informazione, né tantomeno per aiutare chi sta indagando per cercare la verità. Solo per soddisfare la fame di milioni di appassionati di gialli e cronaca nera.

Una ragazzina è morta. Veramente, però. Un uomo l'ha uccisa. 
Veramente. 
Dei genitori hanno sofferto, e soffrono tutt'ora. Il loro dolore è vero, e nulla al mondo lo potrà mai cancellare.

Non siamo in un romanzo di Agatha Christie. 

Ovviamente Yara è un esempio, perché prima e dopo di lei ce ne sono stati tanti. I media non risparmiano nessuno, e il pubblico non è da meno. Fiction scritte col sangue, lacrime vere e nessun copione da seguire. La gente vuole una storia, e quale storia è migliore della realtà?

Basta. Basta, vi prego. Non c'è nessuna informazione nel ripetere ogni giorno in maniera più accattivante i risvolti di una stessa tragedia. Si ripropone sempre lo stesso dolore. 
E non c'è alcun rispetto per chi soffre davvero.

martedì 27 maggio 2014

Il lato oscuro

Spero davvero che nessuno mi legga.

Mi sono resa conto che io non seguirei mai un blog come il mio. Da tutti i post emerge il mio "lato oscuro", quello che ho dentro e che non ho il coraggio di dire. Emergono le paure di una ragazza triste, scontenta, malinconica. Sembra davvero che io sia così sempre, che veda la vita come non dovrei, che io la affronti senza stringerla tra le mani, in pugno. Sembra che la solitudine sia la compagna più fidata dei miei dialoghi con me stessa, che io voglia evadere sempre e comunque, che voglia rifugiarmi in un passato che non torna o, semplicemente, avere qualche certezza in più sul futuro. Mai allegria, mai vita vera, mai speranza. 

In fondo, un po' è così.

Ma ci tengo a dirlo: io non sono solo questo.

Scrivo quando mi sento sola. Scrivo quando ho voglia di sfogarmi, di urlare al mondo che esisto. Traggo riflessioni da stralci di vita che, penso, sia inutile raccontare nei dettagli.
Quando la tristezza mi assale, quando ho voglia di piangere, quando sento che solo un foglio elettronico può capirmi... io scrivo. E subito dopo mi sento più libera, più sollevata. Un po' meno triste.

La vetrina scura che ho creato in questo spazio inesistente della rete mi aiuta a proteggere la piccola luce che quotidianamente tento di ravvivare. E' confortante sapere che qualcosa mi ascolta.

Non mi interessa se qualcuno mi legge o meno.
Ma so per certo che chi dovesse farlo leggerebbe uno stralcio della mia anima. Un piccolo angolo nascosto nelle profondità del mio io che potrà trovare solo qui, chiuso nel cassetto. 
E che mai, mai porterò alla luce.

- Perché scrivi solo cose tristi? -
- Perché quando sono felice, esco. -
- Luigi Tenco -

lunedì 26 maggio 2014

Fuori dal guscio

Torno alla realtà, dopo essere stata in quella magnifica nuvola protetta quasi più di una settimana. Torno a Roma, torno a studiare, torno in quella che dovrebbe essere la mia realtà. Mia e di nessun altro.

Sembrerà strano, ma davvero, non riesco a staccarmi. Non riesco. Parto, e immagino il momento in cui tornerò dalla mia famiglia. Stento a credere che riuscirò davvero a crearmi una vita da sola, per conto mio. Penso che la vera felicità siano loro, e mi riesce difficile immaginare un legame più forte con un estraneo. Sarà che non mi è mai capitato, sarà che non ho minimamente idea di come si possa amare... Sarà che il solo pensiero mi spaventa terribilmente.

Cambierò?

Se da un lato lo spero, dall'altro ho paura che non succederà. E continuerà ad essere tutto un sogno, e vivrò nella proiezione di un desiderio, lo stesso che si ha da piccole, quando si guardano per la prima volta quelle splendide favole Disney.

Perché, in fondo, io mi sento piccola. Sento di aver bisogno di una guida, di una protezione.
Forse anche gli altri mi vedono così.

venerdì 23 maggio 2014

Assenza

Credo di iniziare ad avere paura della solitudine.

Un silenzio disarmante riempie tutto. Una parte di me che cerca disperatamente di parlarmi, di dirmi le cose come stanno, di spronarmi sì, a volte. Ma anche di farmi male. Di pungere. Di servirmi su un piatto freddo la realtà che non vorrei.

E l'altra parte?

Vorrebbe solo fuggire. Il più lontano possibile. Cercare un luogo isolato, protetto. E urlare.

Non riesco a capirmi più.

Cosa è cambiato?

Credo che la vita mi debba almeno una spiegazione.

mercoledì 21 maggio 2014

Inchiostro simpatico

La mia solita vena malinconica e conservatrice, perennemente tesa verso quel passato lontano e irraggiungibile, ultimamente si sta tramutando in un'urgenza quantomeno insolita per la mia indole. Ormai i milioni di pensieri che si accavallano nella mia testa quotidianamente, ad ogni ora del giorno e, ahimè, della notte, sono volti verso un'altra direzione. Esattamente quella opposta.

Cosa mi aspetta?

Sono fermamente convinta che noi siamo artefici del nostro destino e, per carità, se da un lato ne sono felice dall'altro un po' mi spaventa. Perché vedete, in fondo sarebbe bello avere una sicurezza. Sapere che qualcuno ha comunque pensato a te, che non vieni mai lasciato solo, anche se rimani tu a scegliere.

Mi piacerebbe "sbirciare", anche solo per un attimo, come andrà a finire. Ammetto di aver sempre reputato odioso un simile atteggiamento, soprattutto se rapportato alla curiosità nei confronti di un libro o, peggio, di un film. Ma onestamente, dai, qui è diverso. Chi non vorrebbe avere una minima direzione, avere qualche certezza in più nei confronti di un futuro che sembra assomigliare sempre più ad un salto nel vuoto? Scommetto che tutti, anche i più sicuri di sé, alzerebbero la mano.

Vorrei aprire per un attimo una delle ultime pagine della mia vita (sia chiaro, anche un salto di una decina d'anni mi terrebbe buona per un bel po') e leggere una riga a caso. Una qualsiasi. Non voglio a tutti i costi i contenuti. Mi basterebbero lo stile, il ritmo, i punti esclamativi... Un segno.

Sicuramente, capirei qualcosa in più.
Capirei se la direzione è quella giusta, o se ciò che mi aspetta è un vuoto colmato da futili gioie, tanto frequenti quanto inutili e frustranti. Capirei se la benda che il futuro mi ha messo sugli occhi mi sta facendo salire, oppure sprofondare. 

In fondo, la strada la posso solo immaginare.

Un indizio. Un accenno di assenso o diniego. 

Non chiedo altro.


giovedì 17 aprile 2014

In catene

Questi giorni sono strani davvero. Non capisco. Cerco disperatamente di mettere le mie emozioni in poesia, qualche volta perfino ci riesco. Ma allora perché non mi libero? Perché non mi svuoto, una volta tanto?

Il riflesso che mi restituisce lo specchio non mi piace più. Vedo una ragazza triste, non soddisfatta di se stessa e poco o niente della sua vita. Troppo spesso piange in silenzio, troppe volte la ragione risiede in una solitudine malsana.

Vuole abbattere quel muro che la separa da un mondo vero, dove la pioggia non cade quasi mai, dove la volontà vince sulla tristezza, dove la solitudine esiste solo se cercata.

Voglio evadere.

Adesso.

giovedì 20 marzo 2014

Limbo

Più passa il tempo, e più mi rendo conto che la scrittura colma momenti di vuoto interminabile. C'è silenzio, qui. Posso sentire il rumore del tempo che scorre.
Mi sento in una bolla. Instabile, fragilissima. Sento dentro di me un'inspiegabile euforia, smorzata in maniera violenta da un'entità che nemmeno io sono in grado di poter definire. È come se mi stessi per lanciare nel vuoto, volessi realmente lanciarmi, ma qualcuno mi tiene per il colletto della maglia.

Desidero che il tempo passi in fretta, forse per la prima volta. Vorrei che arrivasse presto stasera, per poter fare ciò che di più monotono e istituzionalizzato c'è nella mia vita: cena, film, letto. Eppure tutto ciò si scontra profondamente con la mia volontà di lanciarmi. Forse è questa malsana esigenza che mi tiene per il colletto e mi impedisce di cadere, là, dove nessuno mi può vedere, dove nessuno mi può sentire né contraddire. Là, dove posso essere me stessa.

Mi sento in un Limbo.
Forse, è solo paura.

venerdì 7 marzo 2014

Il naufragio

Capitano dei giorni in cui la voglia di compiangersi prevale sulla voglia di rialzarsi. Si resta in pigiama fino a tardi, si mangiano ingenti quantità di nutella e altri svariati tipi di zucchero (onestamente, devo ancora capirne il motivo) e la distrazione più comoda rimane un letto disfatto e le mirabolanti avventure dell'ancor più triste popolo di facebook. Bello, complimenti a me.

Una piccola parte della coscienza, prima di affogare miseramente nel cibo in maniera definitiva, continua a lanciare deboli flash di obiettivi precedentemente posti. Immagini di sogni, di speranze, di vita desiderata ma non ancora cercata. Dovrebbe essere di sprono, forse? Dovrebbe forse convincermi ad alzarmi dal letto, guardarmi allo specchio, darmi uno schiaffo forte in pieno viso e ricominciare da capo? In teoria, sì. In pratica, facilita l'altra parte di me nel suo lungo e proficuo lavoro di affossamento dell'autostima. Eh sì, inutile prendersi in giro. Il letto è più comodo di un tapis roulant, il pianto è più facile di un "mi metto in gioco". E il tempo passa, senza darti un'altra occasione, senza prometterti che i tuoi 20 anni dureranno in eterno, ma facendotelo credere con singolare maestria. Lascia da soli.

Trovare la forza è difficile. Bisogna scavare a fondo, aggirare quella barriere mentali che da anni fanno sprofondare nella comodità di un "non ci riesco". Pensare che, prima o poi, i risultati arriveranno, ma non arriveranno mai da soli.

Che fregatura, eh?

martedì 4 marzo 2014

Gabriella

È incredibile come facebook possa essere così finto e reale al tempo stesso. Passiamo ore delle nostre giornate davanti ad uno schermo bianco, nella speranza di sentirci migliori di quello che siamo o, semplicemente, solo un po' diversi. Una vetrina che cattura insicuri, frustrati, malati di solitudine.

Eppure, accade.

In quel mondo così ovattato, filtrato dalla lente di una realtà irreale, cercata e mai raggiunta, in quella stessa teca di incertezze, qualcosa rompe il vetro che separa la realtà "guardata" dalla realtà vera. È come se si venisse scaraventati giù dal letto proprio durante uno dei nostri sogni più belli.  Qualcosa ci mette di fronte ad una verità che fa parte "di quell'altro mondo", quello che siamo costretti ad affrontare al di fuori di uno schermo.

L'altra sera, mi è successo.

Io non ti conoscevo, inutile negarlo. I giorni alle elementari, così lontani, opachi, non li posso considerare. Sarebbe superficiale.
Ricordo bene il tuo sorriso, quella tua "maturità" che, forse, mi faceva un po' paura. Ricordo che eri forte. Che piacevi a tutti. In quella tua risata, ora mi è più chiaro, si capiva quanto amassi la vita, quanto la volessi tenere stretta a te.

Andarsene, a ventun'anni. Il solo pensiero mi fa tremare il cuore.

Non posso sapere cosa hai passato. Cosa hai provato in questi giorni, cosa hai visto in quegli ultimi istanti. So solo che, per affrontarlo, ci vuole tanto coraggio.
Non ti sei arresa, ne sono certa. Hai abbracciato ciò che il Signore aveva in serbo per te.

Io credo che alcune persone non siano solo "di passaggio" in questa vita. In fondo, un po' tutti non lo siamo, però è il primo pensiero che la rabbia e la frustrazione producono dopo eventi come questi. "Signore, perché?", ci chiediamo. "Che senso ha avuto nascere, crescere, studiare, innamorarsi, piangere? Siamo solo pedine di un gioco che non possiamo controllare e da cui non usciremo mai, realmente, vincitori?".

La mia risposta è no.

Io credo che si nasce con uno scopo, sempre. E lo scopo non è necessariamente quello di realizzare se stessi.
Le ho viste le reazioni dei tuoi amici, su facebook. Ho visto quanto fossi amata. In fondo, un po' della loro vita è cambiata grazie a te. E non nella tristezza, non nel dolore... Tu hai lasciato un segno.

Non sei stata di passaggio. La tua vita ha cambiato quella di molte persone, anche semplicemente il loro modo di vedere, affrontare, vivere la morte... e non solo.

Ora sei un angelo. Ma secondo me, in fondo, lo sei sempre stata.
E io, nel mio piccolo, voglio ricordarti così.






giovedì 27 febbraio 2014

La lente dell'anima

A volte avrei solo bisogno di qualcuno che riesca a capirmi, senza che io debba dare troppe spiegazioni. Qualcuno che non abbia bisogno di istruzioni per riuscire a leggere quello che ho dentro.

Empatia.

Il silenzio che urla più di mille voci. Un abbraccio che riempie, mentre due cuori non si sovrappongono, completano un vuoto, quasi fossero due ingranaggi perfettamente incastrati l'un l'altro. 
La poesia di uno sguardo che solo tu puoi leggere, capire, interpretare.

Tu.

Ma poi, tu chi?

sabato 15 febbraio 2014

Fame di luce

La luce di una luna bianco latte penetra dolcemente i vetri della mia finestra. Credo di non averla mai vista così grande, tonda. Catalizza la mia attenzione, quasi mi invitasse ad uscire fuori.

Non fa freddo. L'aria è fresca, mi avvolge. Il parco su cui sporgo è avvolto da una tenebra insolita, attenuata dalla luce intensa di quel faro circolare.
La luna è avvolta da una poesia singolare, tutta sua. Diversamente dal sole, lei si fa guardare negli occhi. 

Mi incanto. Sento un brivido freddo risalire lungo tutta la schiena, preda di un vento che si ribella ai tentativi della natura di ricreare un clima più estivo. Forse dovrei rientrare. Forse è un avvertimento. Forse è una sfida a rimanere.

Nessuna nuvola. Non ho mai visto Roma così. Un tappeto di stelle incornicia quello scorcio di città.

Respiro. Sento il profumo della notte impadronirsi dei miei sensi. Indescrivibile.
Strano. Ogni volta che sento quel profumo, ogni volta che vengo rapita dal richiamo della notte, sento che qualcosa accadrà. O forse, semplicemente lo spero.
È una sensazione immediata. Parte dalla pancia, per poi risalire la schiena, le spalle, il collo. Immagini di estati passate in barca a guardare le stelle, ricordi di notti infinite avvolte da felice solitudine, di insolita speranza, di sogni che si devono avverare per forza perché, solitamente, lo status di "sogni" a loro non viene concesso.

È in questi momenti che mi viene voglia di afferrare la vita a due mani, di urlarle di non scappare via da me, di chiederle perché mi sta facendo aspettare tanto.

Io so che ci Sei. Lo sento. Eppure, a volte, non lo sento abbastanza.

Il cielo, con le sue stelle, ha deciso di mettersi a nudo per quello che è. La luna, senza veli, concede la sua luce a chi di luce non ne ha più.

Vorrei farlo anche io. O almeno, averne l'occasione.

Vorrei nutrirmi del mio passato e sbirciare il mio futuro, almeno per un istante. 
Potrei finalmente confidare alla luna, alle stelle, a questa notte purtroppo non infinita, la fondatezza delle mie speranze.

Di quella luce, finalmente, potrei goderne anche io.

lunedì 27 gennaio 2014

Treni

Un'occasione. Chiedo solo questo. Non voglio che vada bene per forza, non voglio gli applausi. Voglio solamente un'opportunità. Per una volta nella mia vita, mi piacerebbe dimostrare chi sono. Mi piacerebbe dire agli altri ciò che ho dentro. Mi piacerebbe che fossero gli altri a chiedermelo.

Ma soprattutto, mi piacerebbe dimostrare a me stessa la forza dei miei sogni. Vorrei che "l'altra me", quella che si butta giù, quella che non si rialza, quella che piange nella solitudine di una stanza, capisse quanta soddisfazione si nasconde nella speranza di un sogno. Vorrei che, per una volta, prevalesse la parte vincente, quella che crede, quella che sogna e vince.

Vorrei dire a me stessa quanto valgo. E, per una volta, non avere il rimpianto di non averci creduto abbastanza.


martedì 14 gennaio 2014

Nel vortice

Sarà vero che quando ci si aspetta qualcosa, essa non succede? Non lo so. E come potrei saperlo? So solo che nel 99% dei casi, è proprio così che finisce. Più si desidera, più si spera, più si è certi... Più il destino ti frega.

Si dice invece che quando non ci si aspetta nulla, accade l'impossibile. Una telefonata tanto attesa, un evento imprevisto, la vittoria a quel concorso. È più bello, ok... Ma è anche terribile.

Perché se siete come me, ve lo assicuro, rimarrete fregati. Sempre.

Partecipo ad un concorso? Non penso ad altro. Non faccio altro che pensare a come sarebbe bella la mia vittoria, a quanta soddisfazione potrei dare a me stessa e alle persone che tengono a me.
Le telefonate, gli eventi imprevisti? Con me è impossibile.
Io vivo nell'eterna speranza che qualcosa accada. Perché no, anche qualcosa che non dipenda necessariamente dalle mie forze. Qualcosa di bello, di rassicurante, che dia una svolta, che lasci un segno. È così sbagliato? Credo di no. È controproducente e autolesionista? Forse sì.

Perché se la vita decide di mandarti il meglio quando tu sei impegnato a fare altro, come può funzionare se il tuo "altro" è perennemente rivolto alla spasmodica ricerca di quel "meglio"?

È un gatto che si morde la coda. È un tunnel senza uscita.
Peccato. Perché un po' di luce, qualche volta, la vorrei vedere anch'io.

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