domenica 6 ottobre 2013

La scossa

Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.
- Alberto Moravia -


Nulla di più vero. Questa citazione è come uno schiaffo forte, un pugno in faccia all'orgoglio che ti obbliga a rimanere fermo, immutabile nella tua scomoda e pietosa situazione. Non ce la fai più? Cambia. Vuoi che la vita ti serva un piatto differente? Chiamala, e falle sentire che ciò che stai mangiando fa veramente schifo. O che comunque non fa per te... almeno non più.

Ci vuole coraggio, sapete? Non è facile fare marcia indietro, per niente. Bisogna ammettere un sacco di cose. Gli sbagli, gli errori di una valutazione troppo frettolosa e superficiale. Ammettere che quel consiglio forse non era poi così stupido come sembrava. Ammettere che non ce la si fa più a resistere così, che quella che si sta vivendo è un surrogato della vita o, meglio ancora, la vita di un'altra persona. Ma tu non sei un'altra persona. Tu sei tu.

L'idea di un cambiamento profondo cresce solo se la si alimenta costantemente, anche in maniera inconscia. Matura piano.
D'un tratto, ecco che si fa sentire. Tutta insieme. Un vortice di "ma" e di "se" mai detti prima ha travolto la mia vita quasi senza permesso. "Quasi", perché una parte di me stava al suo gioco, senza che io lo fossi mai venuta a sapere. Buffo, no?

In quei momenti ci si sente davvero persi. Crolla tutto, vi giuro. Quello che fino a quel momento ti eri costruita con tanta costanza, sempre fissa verso un obiettivo evidentemente non ancora definito, cade giù come il più fragile dei castelli di sabbia. Era bello e rassicurante vederlo lì. Ora, non c'è più.

Come si fa a ricomporre i pezzi? Come si può pensare di avere realmente la forza di ritrovare un punto di partenza su cui basarsi, andando fieri e con entusiasmo verso la fine? Non siamo fatti di ferro. Abbiamo dei sentimenti, delle emozioni che non sempre riescono a starci dietro come si deve. E loro non ti fanno ragionare in maniera distaccata ed oggettiva, anzi. Fanno lo sgambetto alla tua freddezza e lucidità intellettiva. Ti mandano in tilt.

Sai che tornare indietro non ti porterebbe alla condizione di benessere iniziale. Sai anche che andare avanti è una scommessa con il mondo, o meglio, con se stessi.

Volgi gli occhi di fronte a te.
Davanti, vedi solo nebbia.

 

giovedì 3 ottobre 2013

E adesso? Andiamo con ordine.

E' davvero possibile ricominciare?
Nel corso di quest'anno, lo ammetto, è stata la domanda che più frequentemente ho posto a me stessa. Il problema è che quando cadi giù e ti sei procurato frattura alla caviglia, rialzarsi diventa più complicato. Lì per lì, quasi impossibile.
Deve passare tempo. E' la risposta più ovvia del mondo, lo so. Ma è così. Fasci la tua caviglia, la alzi e la metti a riposo per tre mesi, anche quattro. Bisogna che si ricostruisca dall'interno, piano. Ci vuole tempo.

Come si fa a ricostruirsi? Come fa l'uomo a ricostruirsi dentro?

Ho passato dei momenti terribili. Mente annebbiata dall'orgoglio, confusa dal conflitto tra ciò che stavo diventando e ciò che in realtà avrei voluto essere. Non sapete quanto sia difficile ammettere di aver sbagliato. E io avevo sbagliato, e di grosso anche. Solo che non lo volevo ammettere a nessuno. Nemmeno a me stessa.

L'anno scorso ho iniziato l'università. Ho preso giurisprudenza, convinta che fosse la scelta migliore, più logica per me. "E' un paracadute", pensavo. "Troverò lavoro e poi mi dedicherò a ciò che più mi piace".

NIENTE DI PIU' SBAGLIATO.

Ho iniziato ad andare a lezione dopo un mese e mezzo dall'inizio dei corsi. Una cosa davvero orribile per me, abituata a fare tutto con ordine e precisione, almeno nello studio. Sperduta in un ambiente non mio, in una città non mia.
I primi tempi fingevo che mi piacesse. Seguivo le lezioni, tornavo a casa e, qualche volta, studiavo. Prendevo appunti, tantissimi. E mentre cercavo di distrarmi inseguendo quell'insulsa quotidianità, dentro di me nasceva un qualcosa che nemmeno adesso riesco ad identificare con chiarezza. Partiva dal basso e, con subdola maestria, sfaldava quelle fondamenta che con fatica cercavano di sorreggere le mie fragilissime convinzioni.
Ogni giorno un po' di più, ogni giorno con più vigore.

Mi stava, inconsciamente, divorando dentro.

domenica 1 settembre 2013

(Un)happy end

Non sarà lo stare alzata fino alla mattina successiva ciò che mi mancherà di più. Non saranno il caldo, i pantaloncini corti né la musica ad alto volume. Non i viaggi, non il cielo azzurro, l'abbronzatura o i capelli più chiari. Nulla di tutto questo.
Mi mancherà il mio fratellino, in acqua, quando mi stringeva forte per non stare tutto solo. La sabbia più fresca la sera, gli attimi in cui potevo stare in silenzio, senza aver paura di dover dare spiegazioni. Le parole scambiate con mio fratello, lo sguardo dei miei genitori... Loro, che non hanno bisogno di parole per capire. 
I luoghi della mia infanzia, che mi facevano tornare indietro anche solo guardando fuori dalla finestra.
Mi mancheranno le stelle, le mie sere passate a confidarmi con loro.
Mi mancherà l'unicità di quei momenti... e l'illusione che essi possano davvero durare per sempre.

giovedì 1 agosto 2013

Respirare

Mi sentivo instabile.
Camminavo nervosamente, avanti e indietro, aspettando che l'ora passasse. Ma si sa... Quando aspetti, il tempo non ne vuole sapere di darti ascolto.
Uno sguardo al cellulare. Niente. Poi un altro, un altro e un altro ancora. Il minuto si era fermato, non scattava. E l'ansia cresceva.
Volevo andarmene. Non potevo.

Il buonsenso mi ha costretto a rimanere almeno a pranzo. Seduta a tavola, non facevo che gettare sguardi nervosi all'orologio.
Perché è tutto così lento?

Non so con esattezza cosa mi sia successo ieri. Fremevo dalla voglia di andarmene, di stare un po' da sola con me stessa. Il tempo era perfetto. Una brezza fresca ingannava il caldo, le onde del mare si infrangevano senza sosta sui frangiflutti. Mi sentivo in sintonia con lo spirito agitato di quel blu in tempesta.

"Nonna, io scendo".
"Dove vai?"
"A fare due passi".
"Va bene, ma non fare tardi".

Adoro la mia famiglia. Mi vuole bene.

Ho legato i capelli, infilato gli occhiali da sole, preso il telefono e le cuffie e sono uscita. 
Da sola. Finalmente.

Ho sceso le scale quasi di corsa. Sentivo che dovevo arrivare al mare il prima possibile. Ne avevo bisogno.
Ogni passo era una ventata di salsedine. Una ventata di libertà.

Finalmente sentivo la sabbia scivolarmi tra le dita dei piedi. Asciutta, morbida, leggermente mossa da quella brezza che non accennava a diminuire la sua forza.
Arrivata all'ombrellone. Via i sandali, via quella gabbia che mi opprimeva.
Semplicemente, via.

Non so per quanto tempo ho camminato. Un' ora, forse addirittura due. Accompagnata dal rumore del mare, mi sentivo parte di una natura che incessantemente si stava ribellando a se stessa.

Ho corso. Correvo, e non accennavo a fermarmi. Ero sola, e questo mi bastava.
Ho immaginato come sarebbe stato non tornare più. Non era male. Indietro tutto, indietro tutti...

Mi sono fermata un istante. Ho guardato alle mie spalle. L'ho realizzato.

Fuggire non serve a nulla. In fondo, l'unica da cui sarei voluta fuggire era sempre con me. 

Da se stessi non si scappa.




lunedì 29 luglio 2013

...Permesso?

Mi sono accorta di aver trascurato quasi totalmente questo spazio. Curioso, davvero. Ho buttato per tutto questo tempo una bella occasione per sfogarmi, parlare con un "tu" virtuale che probabilmente non esiste o, forse, non è mai esistito. Mah.
Mi sono accorta anche di un'altra cosa: in quei pochi, pochissimi post che ho scritto non ho fatto altro che piangermi addosso. Ho parlato di sentimenti, di paura, tristezza e tanta, tantissima malinconia. Timore del futuro, nostalgia verso il passato.

Ma sono realmente così?

A pensarci bene, quei pochi lettori che mi hanno seguito probabilmente non sanno chi sono io. Non mi conoscono, perché non ho mai dato loro modo di conoscermi. Solo adesso me ne rendo conto... E mi dispiace.
Non ho mai parlato della mia vita, delle mie aspirazioni, dei miei piccoli successi e dei grandi dubbi. Tanta teoria, sì. Ho scritto come la penso su determinati temi, aspetti della vita di ognuno di noi.

Forse ne sentivo veramente il bisogno. Non è detto che non lo faccia ancora.
Chissà.

Provvederò a crearmi una maschera. Solo così, forse, riuscirò davvero ad esprimere me stessa.

venerdì 31 maggio 2013

Briciole

Non resta nulla.

Guardati indietro. Afferra quel ricordo. Stringi quell'emozione. Illuminati di quel sorriso.

Ora torna qui.
Svanito. Tutto.
Rimani solo tu. E quella solitudine che ti assale.

I ricordi fanno male. Annebbiano, sfiniscono.

Quasi quasi non mi affeziono più.

venerdì 24 maggio 2013

Via

Lo so, manco da un po'. Un po' tanto, in verità. Vorrei provare a giustificarmi, anche se nessuna scusa potrebbe mai sembrare plausibile. Veramente non ho mai trovato un solo momento, nemmeno uno, per scrivere una qualsiasi cosa sul blog? Se lo affermassi, mentirei.

Ci sono periodi in cui non si riesce nemmeno ad ammettere a se stessi quello che si prova. Si ha paura di un giudizio, di un rimprovero della coscienza. "Perché mi sento così? Perché non voglio guardarmi allo specchio e dirmi in faccia cosa penso?" Trovare risposta a domande simili è complicato. Richiede tempo, silenzio, voglia di ammettere i sentimenti più scomodi. Ci vuole un gran coraggio.
E quindi, che si fa?

Si evade.

TV, facebook, cibo. Ognuno ha il suo. Si "sgombra la mente". Si smette di pensare. Ci si accascia sul divano, si prende la bacchetta magica e si sfilano i pensieri, uno ad uno. Ci si svuota dei problemi, della tristezza. La solitudine si riempie di quel mondo meraviglioso, surreale, mondo di cui noi siamo affascinanti protagonisti. Sembra quasi di innamorarsi con Julia Roberts, o di segnare insieme a Ronaldo. Abbiamo tanti amici, tutti che ci mandano cuoricini e che ci vogliono bene. Siamo belli in quelle foto, siamo popolari con tutti quei "mi piace". E poi, cosa cambia se mangio quel panino o meno? Sono felice ora, questo è l'importante.

Basta poco perché la magia svanisca. Ci accorgiamo che sono passate più di due ore.
Usciamo dalla bolla.

Come mi sento ora, dopo aver vissuto per finta?

Vuota.



sabato 13 aprile 2013

Mancanza

Quante volte ci siamo spinti a sentire la mancanza di qualcosa che mai abbiamo ottenuto? Sensazione strana, insolita, non certo delle più piacevoli.
Credo che dopo tanto tempo di prolungate mancanze si arrivi a un punto in cui la mente, assuefatta da un unico, costante pensiero, si abitui all'idea di averlo perso, di aver perso quell'occasione, quel sentimento. Si è spinti da un desiderio tanto intenso da far credere a noi stessi che, un tempo, esso si è realizzato e che il suo oggetto sia stato realmente nostro. Una fantasia reale, un'illusione così potente da raggirare anche ciò che di più razionale è rimasto in noi. Splendida favola, il cui finale consiste in un dolorosissimo distacco, sempre e comunque.
Solo ora ne percepiamo l'assenza.
Ora sentiamo di essere veramente soli perché anche l'illusione ci ha abbandonato. Ancorati ad una realtà che incessantemente cerchiamo di fuggire, soffriamo per qualcosa che non è mai esistito, un'emozione mai provata, una situazione mai vissuta. Eppure è li, vivida in noi.
Il dolore della mai presenza supera qualsiasi altro. E ci fa sentire grigi, vuoti... Dannatamente incompleti.

venerdì 22 febbraio 2013

Indietro


Per quanto tu possa sforzarti, per quanto cerchi di rincorrere quel momento nel vano intento di non lasciarlo sfuggire, per quanto ti convincerai dell'immutabilità di ogni tuo respiro... non sarà abbastanza.

Scivolerai nell'immagine di un ricordo. Ti perderai nel piacere dell'illusione di poterlo riafferrare e, ancora una volta, farlo tuo. Inciamperai in una realtà che restituisce solo immagini sfocate di un passato vivo, ma lontano.


In una consapevolezza tanto amara, ti convincerai ad andare avanti. Ma non negherai ai tuoi pensieri l'anelito dolce di una realtà interiore tutta da rivivere... la stessa che il tempo ti ha prestato e, senza permesso, ti ha sottratto.

domenica 10 febbraio 2013

Nebbia

Avete mai avuto paura?

Una situazione, una persona, un insetto... qualsiasi cosa in noi può potenzialmente generare timore, angoscia.

Non credo vi sia sensazione più brutta.

Ti senti impotente. Incapace di pensare... di agire. E' terribile sentire come in noi cresca la volontà di rialzarsi, di combattere, ma che questa venga in ogni modo evitata da una morsa allo stomaco che ci paralizza, ci rende insicuri, deboli. Farsi forza non basta, nascondersi non basta. Tutto, in quegli interminabili momenti, sembra non bastare.

E quando si ha paura di scegliere, invece?
Stessa cosa, o forse peggio.

Il dubbio logora l'anima. Offusca la mente. Fa perdere il contatto con la realtà, talvolta anche in maniera irreversibile.

Ogni scelta comporta la perdita di qualcosa... ed è questo che ci fa impazzire. Il non poter più tornare indietro, rimediare se necessario. Il non riuscire a vedere come sarebbe andata, se avessimo scelto diversamente.

Chi è perennemente attanagliato dal dubbio è anche chi possiede lo smoderato timore di sbagliare.
Sbagliare... la paura peggiore che esista, quella che impedisce di provare, rischiare, credere. E vincere.

Capisco bene chi si trova di fronte ad un bivio. So cosa si prova, quanto si soffre al pensiero di poter sbagliare, alla consapevolezza che la scelta è quella definitiva. Che non si può riavvolgere la pellicola, tagliare e rifare tutto.  Io sono di fronte ad una importante scelta di vita... e mi viene da impazzire.


martedì 29 gennaio 2013

Fasi

Ad una settimana dal mio primo esame universitario, posso finalmente ammetterlo con sicurezza:

sono divisa in due.

Avete capito benissimo, non c'è nessun errore di battitura. Sono letteralmente, completamente divisa in due parti: 

quella che vuole studiare (che in me ha sempre prevalso)
quella che se ne frega saporitamente, senza senso di colpa alcuno.

Situazione insolita e, devo dirlo, non facile da gestire. Capisco che di primo impatto possa sembrare una reazione del tutto normale, soprattutto per chi è abituato a convivere con questo genere di conflitti interiori. Ma per me non lo è. Non lo è per niente.

Sembra che la parte menefreghista del mio essere, per tanto tempo soffocata da orgoglio e fittizie competizioni, stia esplodendo ora, tutta insieme. Ma che gentilezza aspettare proprio il momento peggiore, quello del primo anno di università.

Non potevi farti sentire prima, magari a piccole rate?!

Forse è vero, sto impazzendo. Ma non so che fare, non capisco perché una parte del mio cervello vuole una cosa, e l'altra stia facendo di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote.

Perché proprio nel momento in cui la motivazione dovrebbe essere più forte e la voglia di arrivare all'obiettivo dovrebbe accecare tutto il resto, io reagisco in maniera diversa? Ma neanche diversa dagli altri, poiché probabilmente molti si trovano nella stessa mia situazione...

Perché reagisco diversamente da come reagirebbe la ragazza in cui mi riconoscevo in un tempo non così lontano? 

Non ne ho idea. So solo che io tra una settimana ho un esame, il primo della mia vita. E mi sento insicura, piena di dubbi, di incertezze.

E, nonostante tutto, non mi importa.
Spero, almeno per ora.

sabato 26 gennaio 2013

Là fuori

A volte basterebbe solo trovare la forza. Uscire fuori, svelare la propria anima. Liberarsi di quel peso che ci fa rimanere ancorati ad una vita comoda, ma che non ci appartiene né  mai vorremmo. Far scivolare su di noi le paure, le ansie, i "non sono abbastanza".

Non è semplice, me ne rendo conto. La motivazione che ti spinge ad iniziare una corsa, facilmente cede ai primi cenni di stanchezza. "Chi me l'ha fatto fare?", pensi. "Perché sto correndo, e non sto sdraiato su un divano a guardare un film?". Bella domanda.

Perché?

Anche se non vogliamo ammetterlo, abbiamo paura. Paura di slogarci una caviglia, paura che manchi il fiato...

Paura di perdere.

Ed è lì che cediamo. E' lì che pensiamo che sognare di vincere è gratificante quasi quanto vincere davvero. Ci convinciamo che non ne vale la pena, perché sappiamo che una delusione sarebbe per noi fatale. 

E' strano ammetterlo, ma queste sono le persone eccessivamente orgogliose, coloro i quali parteciperebbero solo se fossero realmente sicuri di vincere.

E la cosa peggiore, è che neanche lo vogliono ammettere. Si crogiolano nella convinzione di essere i migliori, sempre e comunque.

Ma non lo dimostrano. Perché sono deboli.

Spogliatevi della parte malsana del vostro orgoglio. Fate in modo che la motivazione, la voglia di credere, la voglia di vincere, sovrastino la paura di non essere all'altezza.

Siate onesti con voi stessi. Sognare la vita, l'amore, la vittoria... non è vita. E' solo una perdita di tempo.

Credetemi, io sono come voi che state leggendo questo post. So quanto sia difficile. So come ci si sente quando la paura fa a cazzotti con la voglia di emergere.

Fate vincere quest'ultima.

Non siate migliori degli altri. Ho capito che non ne vale la pena.

Siate migliori di voi stessi.

mercoledì 16 gennaio 2013

Il viaggio

A volte la fantasia si rivela l'unico rifugio sicuro. Chiudi i battenti con una sporca realtà, assapori il dolce frutto della tua mente, lontano da tutto.

Goditi il tuo viaggio, senza timore di sbagliare. impara a gustare l'aria fresca, lasciati trasportare dal vento, dalla sua magia. Tutto ciò che vedi è tuo. Parti da solo... lungo il cammino qualcuno si avvicinerà per chiedere indicazioni e proseguire con te.

Lascia il mondo là fuori.
Vai in cerca del mondo che hai dentro.


sabato 12 gennaio 2013

La prima volta

Guardarti è stata l'esperienza più strana della mia vita. Chissà cosa accadeva in quei millesimi di secondo, in quell'impercettibile lasso di tempo necessario al cuore per connettersi al cervello. Tutto precipitava, giù, fino alla pancia. Quel contatto nascosto, quel filo che ci legava nella distanza... Più intenso di un bacio, più dolce di un sorriso. Restavamo fermi ad ascoltare il suono del silenzio, a sentire il profumo del vento. Percepivamo quella magia che si schiudeva impercettibile nell'aria... solo per me, solo per noi.

Senza saperlo, ci alzavamo in volo. Senza saperlo, il mondo non ci vedeva più.
Sulle note di un battito, ci sorprendevamo di quanta vita ci fosse in un secondo.

Sorridevamo, mentre i nostri occhi facevano l'amore.

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