Camminavo nervosamente, avanti e indietro, aspettando che l'ora passasse. Ma si sa... Quando aspetti, il tempo non ne vuole sapere di darti ascolto.
Uno sguardo al cellulare. Niente. Poi un altro, un altro e un altro ancora. Il minuto si era fermato, non scattava. E l'ansia cresceva.
Volevo andarmene. Non potevo.
Il buonsenso mi ha costretto a rimanere almeno a pranzo. Seduta a tavola, non facevo che gettare sguardi nervosi all'orologio.
Perché è tutto così lento?
Non so con esattezza cosa mi sia successo ieri. Fremevo dalla voglia di andarmene, di stare un po' da sola con me stessa. Il tempo era perfetto. Una brezza fresca ingannava il caldo, le onde del mare si infrangevano senza sosta sui frangiflutti. Mi sentivo in sintonia con lo spirito agitato di quel blu in tempesta.
"Nonna, io scendo".
"Dove vai?"
"A fare due passi".
"Va bene, ma non fare tardi".
Adoro la mia famiglia. Mi vuole bene.
Ho legato i capelli, infilato gli occhiali da sole, preso il telefono e le cuffie e sono uscita.
Da sola. Finalmente.
Ho sceso le scale quasi di corsa. Sentivo che dovevo arrivare al mare il prima possibile. Ne avevo bisogno.
Ogni passo era una ventata di salsedine. Una ventata di libertà.
Finalmente sentivo la sabbia scivolarmi tra le dita dei piedi. Asciutta, morbida, leggermente mossa da quella brezza che non accennava a diminuire la sua forza.
Arrivata all'ombrellone. Via i sandali, via quella gabbia che mi opprimeva.
Semplicemente, via.
Non so per quanto tempo ho camminato. Un' ora, forse addirittura due. Accompagnata dal rumore del mare, mi sentivo parte di una natura che incessantemente si stava ribellando a se stessa.
Ho corso. Correvo, e non accennavo a fermarmi. Ero sola, e questo mi bastava.
Ho immaginato come sarebbe stato non tornare più. Non era male. Indietro tutto, indietro tutti...
Mi sono fermata un istante. Ho guardato alle mie spalle. L'ho realizzato.
Fuggire non serve a nulla. In fondo, l'unica da cui sarei voluta fuggire era sempre con me.
Da se stessi non si scappa.
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