mercoledì 31 gennaio 2018

E, senza pensarci troppo, saltai

A volte mi capita di pensare che avrei potuto avere una vita normale. Una di quelle ordinarie, senza troppi rischi, aspettative o ambizioni. Una di quelle che "vai a scuola, all'Università, lavori, ti fidanzi, ti sposi, hai figli, metti casa". Una di quelle ordinate, regolari, con tanti amici ma non troppi, con amori e delusioni e di nuovo amori, con esami falliti ma con 2 corone d'alloro dopo tanta fatica, con il capo che ti fa partire dal basso ma poi ti nota e ti promuove. Una vita rispettata, con vacanze in montagna a sciare a febbraio con gli amici, e poi via verso l'estate e le comitive d'infanzia, senza timore di mettere quel vestito carino perché troppo stretto. Una vita fatta di sacrifici e soddisfazioni, coi genitori orgogliosi di dire al mondo la posizione importante della loro prima figlia, di mostrare le foto dei nipoti ai vicini e ansiosi di avere tutti a casa per Natale

Avrei potuto scegliere tutto questo. 

Non l'ho fatto. 

Mentre pensavo a come sarebbe stato, accadeva altro. Tante case, pochi amici, nessun amore. Lavoro incerto, una corona d'alloro e tanti, troppi sogni chiusi in un cassetto di cui non trovo più la chiave. Una vita disordinata, incasinata, in continuo divenire, in continuo mutamento. Soddisfazioni? Qualcuna sì. Certezze? Nessuna. 

Avrei potuto scegliere la sicurezza. Ho scelto il salto nel buio. 

Sarà stato meglio così?

Lo scoprirò quando avrò toccato terra. 

venerdì 8 luglio 2016

Piccoli traguardi

Ieri ho finito i miei esami della triennale. In questa sessione ho dato 5 esami, tutti con voto 30. Non sono solita scrivere o dire queste cose, ma tanto qui non mi legge nessuno, quindi posso. 
Un primo, piccolo traguardo. 
Peccato che qui siamo tutti un po' esauriti. 

sabato 28 maggio 2016

Fuori produzione

La verità è che forse sto meglio da sola. 
È vero, non sempre riesco a mantenermi fede. Qualche volta mi deludo anche io. Ma perlomeno poi provo a rimediare.
Tutto sommato, io a me ci tengo. 

Forse gli altri sono superflui. 
Perché in fondo non hanno interesse a rimediare. E spesso l'interesse che manifestano è solo pura apparenza.

Forse sono troppo diversa, e io gli altri non li capirò mai. 

Sola. 
Forse, è meglio così. 

giovedì 24 marzo 2016

Ad occhi aperti

Mi capita spesso di pensare al mio futuro. Nulla di nuovo per molti suppongo. Insomma, chi è che non ci pensa?
Beh, per una come me che spesso si perde nel passato, è una novità notevole. Quando capita, possono accadere due cose: o mi faccio avvolgere dalla paura di non realizzare ciò che vorrei, oppure sogno ad occhi aperti. Reazioni diametralmente opposte. Per il mio carattere, possono avvenire anche entrambe in una stessa giornata. 
In questo momento, tuttavia, non me la sento di abbandonarmi alla negatività. 
È sera. Sono in macchina. Guardo fuori dal finestrino, e vedo una luna gigantesca, infuocata, bellissima. Quasi surreale. 
Poi immagino dove, un giorno, vorrei essere. Mi immagino in un appartamento a Los Angeles, uno di quelli dalle grandi vetrate e la vista sui grattacieli. Li vedo tutti illuminati, sotto di me. Sento la musica lounge che pervade l'ambiente, la luce soffusa, quasi assente, in favore di quella proveniente dall'esterno. Perché no, magari ho anche un calice di vino rosso nella mano destra. Io, che non bevo. Ma per questa sera, si può fare un'eccezione. 
Guardo fuori, e penso che ce l'ho fatta. O perlomeno che sono sulla strada giusta.  Penso a ciò che ho dovuto affrontare, agli anni in Italia, alla mia famiglia. Ricordo tutte le volte che ho sognato questo momento. 
Guardo fuori, e per un attimo mi viene in mente quella volta che stavo in macchina con mamma, papà e Giancarlo, in viaggio per Asiago il giovedì prima di Pasqua. L'indomani, sarebbe arrivato Alessio da Trento. 
Guardo fuori, e rivedo quella stessa luna che mi accompagnava nel mio viaggio. È cambiato tutto, ma lei è sempre lì. 
In silenzio, sorrido. 

lunedì 25 gennaio 2016

La regola

Perché si deve morire?
Perché necessariamente, dopo una vita di sacrifici, di affetti, di lotte e di baci, deve finire tutto? Chi l'ha deciso? Dove è scritto?
La morte mi fa riflettere sul perché della vita. Lo scopo dell'esistenza. E perché si debba soffrire tanto quando la vedi svanire davanti ai tuoi occhi. 
Non capisco, davvero. Perché siamo fatti per provare anche il dolore? Perché non siamo stati programmati per superare i nostri lutti in maniera normale, anonima? Pensateci. È una crudeltà. Tutto il bene che si è voluto ad una persona cara, tutte le parole dette e non dette, le carezze mai date, i sorrisi... Tutto finito. E indietro non si torna. 
Perché non si torna? Almeno per un istante. Per sentire di nuovo quel calore. Per dire quelle parole non dette, per dare le carezze mai date. 
Perché non si torna?
Troppi perché, poche risposte. 
Vorrei rivedere chi non c'è più. Vorrei avere una possibilità. Non sarebbe sbagliato. Ci aiuterebbe ad andare avanti. 
Ti chiedo un secondo. Un attimo. 
Ma io non sono l'eccezione. Sono la regola. 
E indietro non si torna. 
Però nonno, te lo giuro, non sai quanto mi manchi. 

giovedì 31 dicembre 2015

Ti voglio bene

Sono tornata. 
Mesi e mesi. Ma sono tornata. Non con il sorriso, purtroppo. 
Oggi è il 31 dicembre. Oggi finisce un altro anno. Ieri, per me e la mia famiglia, è finita un'epoca. 
Vorrei scrivere, ma non ce la faccio. Vorrei spezzare quel silenzio che da ieri sera ci accompagna. Vorrei asciugare le lacrime della mia mamma, spazzarne via il dolore con un soffio. Vorrei sfiorare di nuovo le tue guance sempre profumate, e dirti che ti voglio bene. 
Vorrei riprenderti, e portarti qui da noi. Chiamarti. Svegliarti. 
Perché tu c'eri. Con i tuoi silenzi, con il ragù della domenica, con il tuo Foscolo e il tuo Dante. Ci sei sempre stato. Ed è inutile negare che il non vederti più è e sarà sempre un dolore troppo forte per me. 
Sei scivolato via in silenzio, senza dare fastidio. Senza chiedere il permesso. 
Ma sappi che il tuo volto sorridente sarà sempre qui con me. 
Non lo dimenticherò. 
Nonno Meo, non ho fatto in tempo a salutarti. Non ho fatto in tempo a darti un bacio. Non ho fatto in tempo a dirtelo. 
Ma sappi che di te non parlerò mai al passato. Perché tu, per me, sei qui. 
Ti voglio bene. 

mercoledì 8 luglio 2015

Il lato peggiore di me

A volte mi sembra di impazzire. Vorrei dire la cosa giusta, vorrei far capire le mie ragioni a chi mi sta di fronte, e vorrei dirgli che la mia reazione è tutt'altro che esagerata, ma proporzionale a quel che sto dicendo.
Non ci riesco mai.
Finisco col rovinare tutto. Finisco col dire la cosa sbagliata, col tono sbagliato, nel momento sbagliato. E non riesco a rimediare.
A volte vorrei urlare le mie ragioni. Vorrei dire che non ce la faccio più a dovermi sentire sempre in colpa, per ogni minimo errore commesso, anche involontario.
Non sono una macchina. Non sono perfetta.
Vorrei che le parole dette e non pensate, venissero prese per ciò che sono: esternazioni di uno stato d'animo. Vorrei che non mi si rispondesse per forza, né che mi si chiedano le ragioni che mi spingono a determinate reazioni.
Vorrei, a volte, solo il silenzio. Perché alcune frasi sciocche, per quanto apparentemente cattive, lo meritano.
Ma è il prezzo da pagare per chi non si arrabbia mai, per chi si fa andare sempre bene tutto. A queste "creature" a parte, arrabbiarsi non è concesso. Non è concesso rispondere con enfasi, né tantomeno dire cose stupide e senza senso. Se lo fanno, diventano automaticamente "brutte persone". E attorno si crea una barriera invisibile.
Come se non ci fosse già normalmente.
Ma è quando viene costruita da chi non ci si aspetta che sì, fa male veramente.
E ci si sente in colpa anche per lo sfogo che ci si è concessi.
Dopo un po' passa tutto. Ci si sente la rabbia scivolare via come acqua di mare. Gli occhi gonfi per il pianto si asciugano, il cuore torna a battere in maniera regolare. Un respiro a fondo, e non ci si ricorda neanche più il perché di tanta sofferenza.
Ma io credo che, dentro, rimanga sempre qualcosa che ti ricordi cosa hai provato. Le sensazioni che tanto si vorrebbero evitare.
Un brandello di serenità, per quanto minuscolo e insignificante, viene sempre strappato via.

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